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Timisoara, Bullfinch, 27 Dicembre 2516

- Porca puttana mi ascolti? La testa! Tiene la testa scoperta e tu lo pigli a sculacciate?
Jules Bernard tiene le mani davanti al viso e, come le succede ormai troppo spesso, rivaluta le sue recenti scelte di vita. Questa (la cui forma originaria è stata più o meno: "meglio due soldi in più che due soldi in meno") l'ha condotta su un ring chiuso ai fianchi da una cosa che i nativi chiamano gabbia ma che assomiglia più a una rete per polli. Rubata.

A Bullfinch non sono buoni neanche a mettere su le bische clandestine, ragiona. Questa l'hanno posizionata al centro della città, mezzo miglio dallo Sceriffato, ultimo livello di una casa a due piani che potrebbe avere quantomeno uno scantinato più indicato a prendersi a pugni mentre ottanta persone attorno scommettono sulle sorti dell'incontro. Tra quelle ottanta persone, nel suo angolo scalpitano ben due Quinn inquieti, cresciuti per essere brave persone ma ansiosi per un inverno che si prospetta rigido anche per le poche bestie con cui si sfamano. Qualche soldo in più, ne sono consapevoli, non farebbe male neanche a loro.

Brandon, come ogni uomo di buona statura fuori dal ring, urla convinto di essere un osservatore e uno stratega superiore alla media. Ha scommesso su sua cognata la paga di una settimana intera di lavoro e, quando Jules viene buttata a terra dal prevedibile gancio del suo avversario, urla a pieni polmoni ordini che nessuna persona nel mezzo di un combattimento, sanguinante e stremata, sarebbe mai in grado di udire, tanto più di compiere. 

Bethel è più composta. Inquieta, irrequieta (ma Jules deve ancora conoscere un Quinn che non sia irrequieto) percorre i bordi del ring e aspetta che la donna su cui ha puntato venga spinta con la schiena contro la rete in modo da darle pochi, sintetici e mirati suggerimenti sulle falle nella difesa dell'avversario: parla solo nei momenti in cui è sicura di essere sentita, e mai urlando. E' l'unica che Jules ascolta, contandosi i denti con la lingua per essere sicura di averceli ancora tutti. Ha preso abbastanza pugni in vita sua da considerare una vittoria il sopravvivere con tutte le ossa al loro posto.

Brandon urla e Bethel parla, dicendo le cose giuste. Jules va giù con facilità e sfrutta il momento di soddisfazione dell'avversario per agganciargli una caviglia e fargli perdere l'equilibrio quanto basta per premergli un ginocchio in mezzo alle gambe e una manciata di pugni ben assestati sul muso fratturato chissà quante volte prima di quello. Dieci secondi, e il toro rimane giù. Lei si lascia cadere a terra esausta, ringraziando Dio per non averla fatta nascere con un paio di testicoli.

- - - -

Due ore più tardi si sono già spartiti il bottino e ne hanno sperperata una parte al bancone di sotto. L'alcol li ha fatti ridere nel modo sgraziato e insincero che gli si è scolpito addosso da quando è morto Bastian, ormai più di un anno fa. Da quel giorno ogni sorriso ha avuto l'aspetto di una ferita aperta, uno squarcio sulla pelle. Ma il lutto ha stretto tra loro intese più salde, e per qualche motivo avere un morto in comune li ha fatti sentire come se fossero gli unici sull'intero pianeta a sapere cosa voglia dire seppellire un uomo giovane. Sanno di non esserlo, ma allo stesso tempo non hanno mai lasciato neanche un briciolo di posto per le tragedie altrui. Quando la guerra ti piove in testa, anche le ferite vanno difese dalla banalizzazione.
- ... Partiamo dopo aver parlato con Nelson per la vacca da latte che vende, se gli tiriamo sul prezzo ce la facciamo.
- Coi soldi nostri non ci arriviamo.
- Impara a contare, Bran.
- Conto bene. 
Bethel aggrotta le sopracciglia. Ha gli occhi chiari dei Quinn e li oscilla su Jules, in un attimo di incomprensione vaga, frustrata. La herian si volta da un'altra parte e da un'altra parte guarda con una certa intensità per tutto il tempo che riesce, finché gli occhi della cognata non le bucano la tempia. Sbuffa, scrolla le spalle e si attacca al whisky che ha in mano. 
- Era una vita che non tornavi sul pianeta, pensavo che eri qui per restare.
- Con quello che vi esce dal ranch ci tirate a campare a stento voi quattro, e il ragazzino tra un po' mangerà quanto un uomo.
- Ci abbiamo sempre mangiato a sufficienza.
- Erano tempi diversi.
Brandon rimane in silenzio. Affoga lo sguardo fin sul fondo del boccale di birra perché non ha altri luoghi in cui perderlo, altre cose da guardare. Ogni angolo di Timisoara è identico dagli ultimi bombardamenti: pericolante e ricostruito col legno marcio. Bethel, invece, osserva il profilo di Jules con la delusione composta di chi non è abituato a dissimulare i propri sentimenti, ma neanche a cavalcarli. Tamburella le dita sul bancone.
- E quindi che fai?
- Dunno'. Torno a Safeport, lì su qualche nave prendono sempre chi sa usare le batterie.
- Il tuo ultimo capitano non l'hanno ammazzato?
- Aye, so what.
- Magari la prossima sei tu.
- Non ce l'ho ancora una nave mia, Beth. 
Nessuno dei tre è convinto, nemmeno Jules. Ma Bethel beve whisky sulla sua delusione e quella delusione se la lascia bruciare nello stomaco; Brandon non dice niente, come alla vedova di suo fratello non ha mai detto niente da quando Bastian è morto. Almeno non quando hanno altra gente intorno.

Sarà lui a svegliarle la mattina dopo e a metterle sul cavallo zoppo per tornare a Tulsa.