pegasus in my arms



Tulsa, Bullfinch, 28 Dicembre 2516

Due ore dopo cena, Brandon sa sempre dove trovarla: è stato lui ad insegnarle dove trovare la legna asciutta per fare il fuoco nelle vicinanze della vecchia torre di mattoni dove, prima della guerra, andavano a cantare insieme. Quando gli eventi permettevano a tutti loro di trovarsi a Tulsa nello stesso momento, aspettavano che Olivia si addormentasse e poi scivolavano via dalle finestre come gli adolescenti, svegliavano i cavalli e galoppavano fin lì. Fino alla vecchia torre in mattoni diroccata. Brandon lasciava Aurore a casa, Bethel portava ogni tanto Matt e Bastian strofinava le nocche contro la fronte di Jules, insegnandole parole magiche per scongiurare le maledizioni. Vivete di superstizioni su questo pianeta del cazzo, diceva lei, ma lo diceva ridendo, con il cuore mille parsec distante dalle fabbriche di Hexham e dal circolo anarco-rivoluzionario di Youngstown. Il cuore è ancora lontano da Hera, ma è lontano anche da Bullfinch e da Tulsa, dal Rose Ranch e dal Morgan River. E' lontano da Brandon, anche se lo può sentire arrivare alla vecchia torre, infilarsi oltre la porta scardinata, scivolare di fronte a lei, di fronte al fuoco, senza guardare troppo al lungo gli arnesi di tortura che giacciono tra la polvere e i ciuffi d'erba più aggressivi che sono riusciti a farsi spazio tra le spaccature della pavimentazione; senza guardare le costellazioni che si è aperta nelle braccia.
- Cristosanto, Jules...
 E' la prima volta che la chiama per nome da quando è tornata, e non è un caso che lo mormori quando lei non può sentirlo. Le osserva lo sguardo appannato perso nel fuoco, le pupille dilatate fino a rendergli difficile ricordare di che colore abbia gli occhi, il corpo sciolto e arreso, calmo. Lei respira lentamente e Brandon si tortura le mani nell'impazienza di vederla tornare lucida, pur sapendo di riuscire a starle accanto - a guardarla - solo in queste condizioni: quando lei non è davvero lì. 

Brandon Quinn è un uomo paziente, e se ha posti migliori in cui trovarsi, in quel momento, non sembra rendersene conto. Quindi rimane nella torre diroccata ad alimentare il fuoco perché nessuno dei due rischi l'ipotermia, e le permette di passare dall'oblio al sonno senza disturbarla.

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- Hai visto il lupo? 
Brandon riesce a riaversi seguendo il debole filo rosso della voce di lei. Solleva la testa dalle gambe su cui l'aveva poggiata, si passa entrambe le mani sulla faccia e ve le strofina sopra con vigore assonnato.
- Il lupo?
- Un lupo. E' entrato.
Lui si guarda attorno, sperando di venir sorpreso dalle fauci spalancate di un mastino impaurito rimasto incastrato nella torre. Ma non si sorprende quando non trova niente.
- Non c'è nessun lupo.
- Ora no. Prima.
- Avremmo sentito i cavalli.
- Non l'hanno sentito.
Deglutisce. Oltre la brace viva lasciata da un fuoco ormai spento, c'è la vedova di suo fratello che solleva il busto e si lecca labbra incrostate di fuliggine. Scuote il capo e si tiene nel petto un nodo di angoscia profonda, desolata.
-  Vieni, ti riporto a casa.
Lei è troppo stordita per protestare, e ha troppo freddo per pensare che togliersi da lì sia meno che una buona idea. Si tira su a fatica, ma prima di andare via si assicura di aver sepolto la brace sotto la cenere.