Tulsa, Bullfinch, 28 Dicembre 2516
Quando varcò la soglia della vecchia casa di legno e mattoni in cui i Quinn vivevano da quasi quarant'anni, Benedict era già tornato da scuola e si era messo a fare i suoi esercizi di grammatica, in attesa che il pranzo fosse pronto. Era un ragazzino sottile, con i vestiti sempre troppo abbondanti e due occhiali spessi senza i quali non riusciva a vedere niente. Aveva quasi nove anni, ma non li dimostrava. Non alzò neanche la testa per salutarla.
Lei lo superò in silenzio e andò a sporgersi sul pentolone in cui Olivia stava gettando verdure tagliate a cubi grandi e qualche avanzo di carne di quelli più economici che si poteva sperare di trovare al mercato. Le sorrise e, senza fermarsi, le indicò lo sgabello accanto al suo. Jules, che non era ancora sicura di essersi svegliata dalla notte precedente e voleva soltanto infilare le mani in mezzo al fuoco, obbedì docilmente: si sedette accanto a lei e iniziò a fare a cubi grandi chili di verdura. Rimasero in silenzio a lungo, poi Olivia fece un cenno col capo verso Benedict.
- Il maestro dice che si impegna tanto, che potrebbe continuare a studiare, poi. Ci è andata a parlare Beth.- E' un ragazzino in gamba.- Ci doveva andare Brandon, non Beth.- Aveva da fare?- Quello che fa sempre. Parlare coi morti.
Parlavano a voce bassa. Jules teneva gli occhi sulle proprie mani. Ogni tanto il coltello le sfuggiva e le scorticava superficialmente la pelle, ma non le faceva mai davvero male. Fare lavori con le mani l'aveva sempre tranquillizzata: poteva contarsi le dita tutte le volte che voleva.
- Sta scrivendo, dice... non parla con i morti, Olivia: non è pazzo.- E che fa allora? Se ne va in giro per cimiteri come un'anima in pena, ogni momento che ha. Va avanti da un anno, e prima dicevo: gli passerà. Non gli è passata. Quello che è successo è stato duro da reggere per tutti... ma ci siamo ripresi. Beth si è ripresa.- Beth non pronuncia più il suo nome.
Non dovette alzare lo sguardo per indovinare l'arco stupito delle sopracciglia di Olivia e le rughe profonde che le stava disegnando sulla fronte. Rimasero in un silenzio sospeso per qualche istante, prima che Jules si arrendesse a spiegarsi.
- Mi dice tuo marito. Non le sento dire Bastian da quando è morto.- Ognuno guarisce a modo suo, bambina.- Brandon sta guarendo così.- Brandon ci sta mettendo troppo tempo, e ha altre responsabilità.
Olivia alzò appena la voce, spazientita, e Jules voltò il capo per guardare le spalle esili di Benedict ingobbirsi e chiuderlo in un uovo di ostinata inconsapevolezza: il bambino aveva sentito quei discorsi mille volte prima di allora, e ogni volta aveva finto di non capire che parlassero di lui e di suo padre: un uomo assente che, dopo la morte di suo zio e di sua madre, vedeva per pochi istanti al giorno, a volte neanche tutti i giorni.
- Potresti parlarci tu...
Ritentò Olivia, più dolcemente.
- Non cambia.- Ma provaci. Puoi?
Jules sollevò su di lei uno sguardo appannato ed esausto. Annuì molto piano, arrendevole, e tornò a tagliare patate. Olivia fece lo stesso ma con più calma. Si prese il tempo per guardarla, almeno un po'.
- Porti ancora la fede.
Annotò Olivia, con un sorriso tiepido e un filo di apprensione malinconica nello sguardo. La banda di metallo lavorato stringeva l'anulare sinistro di Jules, nascondendo al suo interno un'incisione sottile.
- Solo quando sono qui.
Rispose quietamente. Olivia sospirò e annuì con rassegnazione, tornando poi a tagliare gli ortaggi a cubi grandi.