you know he's trouble


Quelli che sorridono lo sono sempre. Gli incantatori di serpenti, pensa Jules, il corpo sprofonda sulla rete senza materasso della sua branda mentre la chimica fa la sua parte e le alleggerisce la coscienza che le impone da mesi di dormire scomoda, per non sentirsi una di loro. Alain ne avrebbe di cose da dire a riguardo. Il più bello degli anarchici di Strathmore. Capelli color grano come non se ne erano mai visti in tutta Youngstown. Lo stesso sorriso da canaglia. Tutti gli uomini che ha accolto nella sua vita avevano avuto quel sorriso, chi prima, chi dopo. Bastian: occhi chiari e capelli castani. Una promessa di serenità che ha finito per fotterle la testa come tutte le altre promesse (di rivoluzione, di vittoria, di pace). Gente come loro è destinata ad essere sconfitta e a trascinarla nell'abisso. Sono tutti passanti. Nessun legame è destinato a tenere la botta del disastro: anche la sua famiglia non riesce più a trovarsi nello stesso posto nello stesso momento, perché renderebbe troppo chiara l'assenza. Una conta sballata. La sconfitta di Jimmey (e quella di Alain) l'ha tramortita e disorientata, perché non se l'aspettava. Quella di Bastian l'aveva vista arrivare dall'inizio. Ma i sorrisi obliqui da canaglia buona l'hanno incantata come si incantano i serpenti. Non ha mai voluto fare figli perché aveva già sviluppato il fiuto per il disastro, e tutti i Quinn ne erano impregnati. Bastian ha pensato di poterlo salvare da se stesso. Ha finito col dimostrare di non essere neanche capace di salvarsi da sola.

Fidarsi non ha senso. Vuol dire avere fede in qualcuno - accogliere estranei senza avere prova empirica di poter contare su di loro. L'ostilità e la diffidenza sono i modi migliori di trattare con chiunque, perché stabiliscono distanza. Per una persona abituata a combattere con le nocche, lo spazio è per Bernard il primo elemento di controllo e di sicurezza. Sono cose che devi imparare, se le persone ti terrorizzano. Se ti terrorizza qualsiasi contatto che non sia violento, qualsiasi vicinanza che non sia casuale o costretta. Qualsiasi tocco che non sia un impatto. La bloom chimica non elimina il terrore. Non lo elimina del tutto il Tarcodin, il Zaleplon, neanche la switch. Lo rendono sopportabile.

Purché tutti mantengano la distanza. Per questo chi si avvicina è un pericolo, e Bernard lo sa bene. Frank della gente diceva che devi tenerli tutti a una spanna del culo, ma perché Frank era cresciuto nel verde e si credeva migliore di tutti, anche se su Shadetrack era solo un bracciante, anche se un bracciante di Sweet Waters non è meglio di un qualsiasi operaio non specializzato di Hexham, anche se Frank non era un padre migliore di altri. Né una persona migliore di altre, per quello che vale.

Fidarsi è un suicido, e lei ha smesso di suicidarsi. Preferisce galleggiare là dove la porta la corrente, sprofondare sotto l'acqua e accorgersi che tutto sommato riesce a respirare anche lì.

L'importante è tenerli lontani tutti dalla mente. Rick, Alain, Bastian, Brandon, il chimico... E' solo questione di tenere lontani i guai

pod zero

[Il foglietto proviene dal taccuino che tiene in tasca solitamente. I margini sono vittime dello strappo deciso. Infila le parole sotto la porta della cabina di Jules. La calligrafia è semplice, tipica di un'autodidatta. Sono pensieri, flusso di coscienza. Un ringraziamento.]
Le torri di lancio erano ormai in disarmo, protese senza più forza verso orbite morte, sorrette appena dalla volontà del metallo contro il cielo incandescente del domani. I miei pensieri ultrasonici continuavano a iterare la loro gara con la morte, una corsa infinita contro il tempo tra le ombre proiettate dal Pod Zero. Sulle direttrici spinali avvampavano rune e ideogrammi, geroglifici di una razza di pirati. E di notte, tra le carcasse di giganti arenati su spiagge intrise di radiazioni, mi fermavo in ascolto. Ora, gangli interstellari in disuso continuano a ricamare trappole neurali, collegano città pulsanti come organi vivi con hangar abbandonati in periferie corticali. Bruciano i manifesti agli angoli delle strade e sulle superfici di architetture sepolte. Esplodono le palpebre di Ryan, le dune epidermiche di Christopher – pioggia di parole su Tilda – Corona, Hera e Xanto sfumano nel clangore delle lamiere. E noi seguiamo le impronte lasciate ai bordi delle rampe deserte di Capital City, sulla spiaggia terminale che abbraccia il panorama in codice del 'Verse e lo espone, nudo, allo sguardo nostro. Scandagliamo l’orbita bassa a caccia dei relitti aerospaziali del nostro presente. Ancora adesso nella notte ristagna l’eco elettromagnetica di galassie perdute. Io vivo di nuovo nelle voci di Ehecatl e Tonatiuh. La violenza degli occhi di Jules dice RESTA. Io resto con lei.

Io sono il Macchinista.

it's easier for you too


Lei lo conosce, Jim. L'ha conosciuto nella sua testa centomila volte, ancora prima che finisse la guerra, chiedendosi se avesse visto un altro giorno, o anche solo che aspetto avesse. Quanti anni sulle spalle, che lineamenti il suo volto, quali cicatrici sulla pelle. E dopo la guerra, dopo ciò che accadde a Jermaine, la notte si è sforzata di pensare a Jim perché era l'unico ricordo che non le ribaltava le viscere facendole venir voglia di vomitare anche il cuore. Jim le ha tenuto il cuore nel petto. Si è presa tutto il tempo di analizzarlo, di studiarselo come un libro di quelli che aveva imparato a memoria, che si era portata nel petto e che aveva vomitato di notte dopo Jermaine. 

Lo conosce perché è uno specchio imperfetto. Lo conosce perché l'ha riconosciuto, come un lupo non sa cos'è un salmone, ma riconosce altri lupi come lui. Dall'odore. Jim odora di disperazione esattamente come e quanto lei. Odora di sensi di colpa e di ingiustizia. Sulla sua pelle si è inscritta la disillusione e la diffidenza. La mandibola gli si è allentata e ha lasciato andare per sempre l'idea di poter avere qualcosa nella vita che non sia nero e arido. Qualcosa che desideri vivere, e che non viva solo per forza d'inerzia, per malaugurata fortuna. Lei gli ha percorso con le labbra i segni di ferite ai polsi profonde ma inefficienti, ma non aveva segni addosso a testimoniare le sue sedute di roulette russa, le overdose sfiorate, i pozzi neri di Sunset Tower, la buona sorte che le ha restituito la vita ogni volta facendole maledire il cielo e l'universo intero. 

Lo conosce perché è uguale a lei, lo odia e non gli concede tregua perché odia se stessa e sa di non meritarsi pace. E allo stesso tempo gli cerca la vita addosso scavandogli con i denti nella carne perché spera ce ne sia, spera di trovarla. Lo prende a calci, a spinte e a pugni perché la rabbia riarsa che si porta dentro non le concede altri codici di espressione che non siano la violenza. Perché sostituiscono le carezze, i baci, gli abbracci.

Perché è più facile, e lo è anche per te.

Glielo mormora negli occhi mentre lotta per liberarsi di lui, quando vorrebbe tirarselo addosso. Vive al rovescio, in cui il desiderio di cose buone e gentili si trasforma nella ricerca caotica e vorace di sangue. 

Ma è più facile.

E' più facile anche per te.


ghosts of utopia


Jules, 

ieri sera dopo essermi spaccato la schiena in miniera invece di andare a dormire o venire a scriverti (so che sono in ritardo con la mia lettera mensile, perdonami) sono andato a un incontro sindacale. Mi sono ricordato di quando ci promettemmo che non avremmo messo più le mani e i cuori in politica, ma suppongo che a volte alcuni richiami siano per me (per noi, per i Bernard) irrefrenabili. La struttura sindacale che hanno in questo angolo di 'Verse dimenticato anche dai suoi governanti è così elementare da sembrare primordiale, ma mi ha dato modo di riflettere su come fosse elementare e primordiale anche il nostro bisogno di rivoluzione, che trovava articolazione e spirito dietro i nostri occhi ma nasceva dalle nostre pance prima di tutto. Mentre li ascoltavo mi è mancata Hexham, mi è mancata quella necessità di rovesciare il potere che avevamo incastrata dentro, non perché il potere fosse un concetto idealmente errato (nonostante ci piacesse rivendicarlo) ma perché quel potere non ci sfamava, non ci permetteva di sentirci sicuri e non colmava la nostra sete di giustizia, che è un bisogno e un diritto - ho scoperto - quanto lo sono l'acqua e l'aria. 

Pensare che sono anni che non credo più in niente mi ha rattristato. I ragazzini delle miniere sono tenaci e disorganizzati, meno aggressivi di quanto eravamo noi, ma con la stessa identica fame negli occhi. Il più vecchio avrà vent'anni: ti ricordi com'eravamo noi, a vent'anni? Un garbuglio di rivendicazioni e ribellione e la ferma convinzione che il futuro ci fosse dovuto, che dovessimo riscattarlo dalle mani di chi ci ricattava con paghe da fame e picchiatori nascosti dietro gli angoli. Anche col senno del poi non riesco a condannare la nostra ferocia di allora, né a vederla sotto un occhio più maturo. Potessi tornare indietro a quei giorni farei tutto nello stesso modo (tranne alcune cose che tu sai già) e non me ne vergognerei per un secondo. Mi vergogno invece adesso, esausto e disilluso, in fondo a una platea di giovani pieni di fuliggine che esibiscono la loro parlata da poveracci salendo sulle sedie e neanche si rendono conto di star parlando di rivoluzione. Di Rivoluzione. Ti ricordi quando ci permettevamo di scriverla solo con la lettera maiuscola? Rivoluzione e Anarchia, per noi non erano categorie ma progetti, meglio: un destino.

E' un destino che forse dovremmo riprendere in mano, dimenticandoci di essere vecchi. Sei così lontana e sempre troppo vaga sul tuo, di destino. So che fino a qualche mese fa facevi base a Safeport: questo mi preoccupa, non per la tua sicurezza (non ho mai temuto per la tua sicurezza: ho sempre pensato fossi tu la più prudente tra noi due, nonostante tutto) ma per i compromessi a cui persone come noi, a cui è successo ciò che è successo a noi, possono accettare sapendo che non dovrebbero. Se anche l'Anarchismo non è più il nostro destino forse dovremmo comunque ascoltare Sybil e rassegnarci alle cose luminose che ci ha lasciato dentro: il rispetto per i nostri compagni, per chi ha fame come noi.

So che non approverai, ma penso che andrò almeno a un'altra riunione sindacale. A volte il richiamo del sangue è più forte anche delle promesse che fai a tua sorella, quando siete entrambi sconfitti sul ciglio di una tomba fresca.

Spero tu stia bene e che mi scriva presto. Questo mese riuscirò a mandare almeno cinquanta dollari a Clem, e so che Sybil riuscirà a mandargliene quasi un centinaio. Con qualche altro spicciolo da parte tua, dovrebbe riuscire a tirare avanti un altro mese, fino alla prossima paga.

Con affetto,
Rick

touch


Quando Christopher le prende la mano, lei trasale. Spinge in basso l'istinto di colpirlo e si divincola poco dopo. Ogni tocco delicato la prende di sorpresa e le fa più effetto di un pugno. I pugni sa gestirli meglio della gentilezza, e ogni volta che ne riceve - di gentilezza - inizia a vibrare di diffidenza, a chiedersi dove sia il trucco. E' cresciuta manifestando l'affetto a colpi ruvidi e schiaffi sulla nuca, e all'affetto ormai si è disabituata da una vita. Nei pugni trova appigli, ancore alla realtà: i pugni sono sempre onesti. Le carezze scivolano e sono troppo leggere per essere sicuri che siano avvenute davvero.

Eppure, quando Jim le accarezza la tempia con le dita, lei tiene gli occhi chiusi e finge di dormire. Anche quando è uscito, lei rimane le ore a chiedersi se il tocco fosse vero o solo immaginato. Forse è il vero motivo per cui gli ha chiesto di fare a pugni con lei, su un ring, di fronte un pubblico: per ritrovarsi tra le mani la prova inconfutabile di un contatto.

Vorrebbe dormire, ma chi si ferma è perduto, e non appena riesce a camminare si infila le scarpe e firma tutte le carte per le dimissioni anticipate. Si getta in strada con il passo che oscilla, battendo di nuovo l'asfalto alla ricerca di realtà.



here lies where I drown
the first time that I sought for grace
but not the last lung I'd put to waste
I'm burning down the stakes.

rebel rebel

Capital City, Horyzon, Febbraio 2517

Chapman la raggiunge e si china sulle caviglie per guardarla negli occhi.
- Non ha un bell'aspetto, Bernard. 
- Va tutto bene.
Si preme la mano sulla ferita aperta e finge di non vedere come non riesca ad arginare il sangue che ne sgorga. Anche quando le ruppero tutte le ossa a Safeport lasciandola poi in un canale della baraccata a morire avevano quantomeno avuto la decenza di non accoltellarla. 
- Almeno l'hai conciata per le feste, la stronza.
- Starò bene.
Chapman non è convinta. Sospira sconsolata e le si siede affianco, accendendosi una sigaretta. 
- Fossi in te deciderei in fretta.
Il c-pad le trema in mano (non è vero: la mano le trema attorno al c-pad). L'ultima dose l'ha venduta, e a parte qualche centinaio di dollari nelle tasche e una collezione di buchi sulle braccia non ha niente di potenzialmente incriminante addosso.
- Anche perché la stronza ha l'aria di una che sta peggio di te.
Thomas più di un decennio prima le ha insegnato che in una corte è più difficile perorare la tesi della legittima difesa se quello da cui dici di esserti difeso tira le cuoia prima di te. E poi non conosce medici su Horyzon. Gliel'ha detto cento volte, a Christopher, che hanno bisogno di un maledetto medico. Tre cifre, invio di chiamata d'emergenza. Città, quartiere, strada. Qualcuno si affaccia dal locale, ma si sbriga anche a rientrarci.

discoloration


- Mi avresti potuto amare un po' di più.
Bastian è nell'angolo della sua cabina in cui non arriva la luce. Tiene la schiena contro la paratia metallica e non vuole finire la sua sigaretta artigianale, per cui ne fa solo un tiro ogni tanto, quanto basta per evitare che si spenga. Bastian non la guarda: era troppo giovane e troppo ingenuo per indovinare la sua necessità di vuoto, e quando lei ci è sprofondata lui ormai era sotto terra da un pezzo. Brandon, lui l'aveva capito. Aveva capito che Tulsa e il Rose Ranch, per Jules Bernard, erano il sonno della ragione, l'anticamera dell'inferno, della switch. Brandon non aveva mai saputo da cosa fosse scappata, ma Bastian non aveva neanche capito che stesse scappando. 
- Mi avresti potuto amare un po' più sinceramente.
Costellazioni nel cielo di Bullfinch, Hera così lontana da non far parte neanche del firmamento. Dov'è il tuo pianeta, le aveva chiesto una notte, era tiepido ed erano seduti sugli scalini della veranda della loro casa in mezzo al niente. Non lo so. Se avesse voluto cercarla non si sarebbe trovata al nord del Morgan River, ma a sud degli stabilimenti della zona tri-industriale di Hexham, là dove c'era stata Youngstown.
- Avresti potuto rinunciare a me con meno fretta.
Ogni cosa nelle mani di Jules è stata liquida, anche la sabbia. Anche Bastian è i suoi muscoli tesi, i suoi boccoli castani e la sua barba tenera. Le ossa di Bastian le erano scivolate tra le dita, liquefatte, la polvere liquefatta poi nelle vene, mista al sangue. Là dove è codificato chi sei puoi infilarci chi vorresti essere stato, basta un ago sottile. Non c'è motivo di vergognarsi dei propri fallimenti. Vanno accettati; la sconfitta: abbracciata. Accogliere il peggio di sé, senza desiderio di trasformarlo. Non c'è vergogna nell'essere la versione peggiore di se stessi, solo umiltà. Decenni passati a gridare lo slogan resistiamo, adesso tutto ciò che ha senso è arrendersi.
- Vuoi leggere di nuovo i numeri che ti sei scritta sulle braccia?
- No. Non serve.


it's been a while
since I've been gone and away
and I watched your eyes reflect me in a terrible way
as you cast your gaze to the flickering hall.

to be governed


Hexham, Hera, 6 Maggio 2501
- La prossima volta butteranno la chiave, Jules.
Thomas la guardò alzarsi da dietro le sbarre della cella dello sceriffato, in cui era stata trattenuta per cinque giorni, mentre tutti i suoi compagni erano stati lasciati andare. Lo sceriffo capo, il vecchio Beckett (che era anche suo padre) sperava di spaventarla abbastanza da dissuaderla a ficcarsi di nuovo nei guai con gli anarchici di Youngstown. 

Il vecchio Beckett, però, era appunto un vecchio, e per quanto avesse in simpatia i Bernard, non li aveva mai veramente capiti. Thomas, invece, con i Bernard era andato a scuola. Li aveva visti protestare da ragazzini contro i maestri ("e i loro sistemi retrogradi e totalitari") e li aveva guardati prendere bacchettate sui palmi e i dorsi delle mani fino allo strenuo, senza mai cedere di un passo. Li aveva visti consegnare volantini per lo sciopero di fronte alle fabbriche, sotto il naso dei padroni, e si era sentito prendere spietatamente in giro quando aveva seguito le orme di suo padre, entrando allo sceriffato di quartiere. Non era neanche la prima volta che andava a tenerle compagnia mentre si trovava in cella.
- Lo dice tuo padre?
- Già.
- Rispondigli che i cani dei padroni non ci spaventano.
- Mio padre non è un cane.
- Lo sei anche tu.
Avevano avuto quella conversazione altre volte. Il quieto affetto che aveva sempre navigato tra di loro si era rappreso e nascosto sotto la retorica anarchica. Le aveva cambiato la voce (Thomas avrebbe potuto giurarlo), rendendola più roca e più aggressiva. Prima era più dolce. Si diceva: il suo problema è che ha scelto la causa sbagliata, perché la giustizia ce l'ha sempre avuta nel sangue. Come quella volta che lei e Richard avevano dato una lezione ai ragazzini che gli avevano preso le biglie, o come quando avevano rubato le torte dell'evento di beneficenza che la moglie di Rayes e le sue amiche avevano organizzato per Boros, ridistribuendole boccone per boccone a tutti i figli dei poveracci di Youngstown, di cui facevano parte anche loro, di cui facevano parte tutti tranne pochi, di cui aveva fatto parte anche lui. E' per questo che lui riusciva a capirla, Jules Bernard: erano cresciuti con la stessa fame. 

Ma lei aveva qualcosa di diverso, un'irrequietezza che le vibrava sotto le suole delle scarpe bucate. Qualcosa da dimostrare, dicevano a Hexham: i poveracci con qualcosa da dimostrare sono i più pericolosi di tutti. E per quanto i Bernard fossero scaltri, chi aveva gli occhi aperti sapeva che prima o poi una delle loro bravate anarchiche sarebbe andata male, li avrebbero presi e li avrebbero sbattuti in galera (la galera vera, non le celle dello sceriffato), e tanti saluti. La vide sollevarsi dalla branda e misurare un piede alla volta il quadrato di mattoni e mura rinforzate in cui era incastrata, per l'ennesima volta.
- E' quel Carver, no? Alan Carver? Non ti dovresti fidare di quello, è uno che porta guai, ne puoi sentire la puzza da lontano.
- Alan puzzerà di guai, ma almeno non puzza di servo.
- Mio padre dice che i servi campano a lungo.
Vide Jules spingersi sulle sbarre, avvolgerle con i pugni e poggiare la fronte sul ferro, facendo forza sulle braccia contratte per sollevarsi di pochi centimetri da terra: aveva un corpo teso, fatto di muscoli e lavoro, con le prime cicatrici e un tatuaggio fresco dietro la spalla. Lei lo guardò così da vicino che gli fece girare la testa.
- Meglio vivere poco ma con la testa alta. 
Thomas deglutì, ma la verità è che l'aggressività di Jules non gli era nuova, e lui, a diociott'anni - un uomo fatto e finito, diceva sua madre - non poteva certo lasciarsi intimorire da una ragazzina. 
- Che ne sai di Carver, comunque? Potrebbe essere figlio di chiunque. Non è di Youngstown, qui nessuno l'ha visto prima.
- Il 'Verse non inizia e finisce con Youngstown, Tom. 
Jules si spinse indietro, lasciandogli addosso il vago sentore di un'occasione mancata (qualcosa che avrebbe potuto dire meglio, una battuta che si sarebbe potuto risparmiare in favore di un'osservazione un po' più salace, ma troppo in ritardo?). La guardò ritirarsi, tornare a stendersi sulla sua branda, senza guardarlo.
- A tuo padre puoi dirgli che mi ci può tenere per un mese, qua dentro. Non mi faccio spaventare dal cane di Reyes. 

- - - - -

Halifax Prison, Hera, 2 Dicembre 2506
- Che cazzo, Jules...
- Che ci fai qui?
Jules lo guardò attraverso l'occhio pesto, parlò con un labbro spaccato, strinse le spalle su una costola incrinata. Il carcere non le aveva spento la rabbia nello sguardo, ma di sicuro le aveva asciugato la carne sulle ossa. Aveva un aspetto nodoso, l'aspetto di un cane randagio che lotta per la salvezza pochi minuti prima di essere abbattuto. Aveva avuto ragione suo padre, il vecchio Beckett, a dire che in carcere non sarebbe arrivata neanche a superare il quinto mese.
- Tua madre mi ha chiesto di venire a vedere come stavi.
- Dille che sto bene.
- Che ti è successo?
- Una discussione con questi criminali di merda.
- Sei in una prig--
- Mia madre sta bene? Sybil, Jermaine?
- Stanno bene.
- Lavorano?
- Lavorano.
- Richard?
Thomas rimase in silenzio. Richard lo aveva visto la settimana prima, nel centro detentivo di Tottenham, a sud. Non aveva una bella cera, e Jules lo capì. 
- Che ci fai qui, Tom?
- Ho parlato con il procuratore, dice che con una buona parola dello sceriffo locale può commutare la pena in un servizio civile. 
- Non lo danno il servizio civile per quello che ho fatto io.
- Lo danno se il servizio civile ti fa rischiare la vita. Sta partendo un battaglione, da Youngstown.
Jules soffiò tra i denti, il disgusto depositatosi sulla pelle.
- Con il cazzo che vado ad ammazzare gente che non conosco per conto dei padroni di questo pianeta di merda. Se la combattano loro la loro guerra fottuta. Non hai letto un cazzo del disegno politico dell'interplanetarismo?
- Preferisci rimanere qui per i prossimi sei anni?
La domanda le bruciò sulla pelle, e invece di rispondere subito si morse la lingua. Rimasero in silenzio, a guardarsi, per un momento lunghissimo.
- Richard.
- Richard cosa.
Jules sospirò, si passò le mani sulla faccia, spazzandosi via dagli occhi il seme della disperazione. Aveva i polsi incatenati.
- Puoi far ottenere lo stesso accordo a Richard?

yet onward we marched

15 Luglio 2515, Rose Ranch, Bullfinch.

Era una casa piccola e se avessero deciso di avere dei figli presto non ci sarebbero entrati. Erano solo le cinque e mezza di mattina e faceva già caldo. Jules era seduta sul davanzale dell'alta finestra della sala da pranzo, spalancata su una veranda stretta che riusciva a stento ad ospitare un dondolo. Lei e Bastian avevano considerato la possibilità di espanderla, ma avevano infine valutato che sarebbe stata solo una sistemazione temporanea, che più in là avrebbero messo qualche soldo da parte e avrebbero comprato uno di quei lotti di terra che Eric Rose metteva in vendita ogni tanto, e là avrebbero costruito la loro vera casa, magari più vicina a Tulsa e alla famiglia Quinn di quanto non fossero in quel momento. Jules gli aveva detto di sì, come faceva sempre quando lo vedeva entusiasmato dai progetti futuri, ma quella minuscola casa di tre stanze non le dispiaceva: aveva soffitti alti nonostante tutto, e affacciava su immensi campi dorati, paesaggi ondulati su cui sorgeva ogni mattina un sole cocente. Lei aspettava ogni volta che arrivasse a baciarle il viso. Era ormai abituata a sentirne il tepore sulla pelle e si accontentava di quell'angolo di pace immensa, chiedendosi se Frank non parlasse di quella sensazione là quando diceva che il tramonto sulla Trinidad, a Shadetrack, era capace di spalancare a Dio l'anima di anche il più efferato dei miscredenti. Ma tutta la genìa che a Frank Bernard era seguita aveva le sue radici nei terreni brulli di Hexham, nelle sue altre fabbriche, e aveva coltivato l'ateismo con (paradossalmente) la più spontanea e feroce delle fedi ideologiche. I giovani Bernard non credono a niente, dicevano i loro compagni di sventura in fabbrica, solo alla rivoluzione

Jules sorseggiò il caffè mentre il sole le si arrampicava sulla gamba, illuminando la tela leggera ed economica prodotta molto più a sud del Morgan River. Avevano davvero creduto solo alla rivoluzione, tutti loro, e dietro alla rivoluzione si erano immolati uno a uno, sacrificandole tutta la loro giovinezza, gli anni migliori della loro vita. Chiuse gli occhi e tentò di ricordare cosa si provasse a credere a qualcosa con quell'aggressività brutale, con quel desiderio famelico e spietato di giustizia, uguaglianza, libertà. Aveva mai odiato un nemico con la stessa genuina rabbia con cui aveva odiato i padroni delle fabbriche del complesso di Youngstown? Per cinque anni aveva combattuto contro gli alleati senza riuscire mai a desiderare la morte dei soldati che le sparavano contro, ma Shore, Grasdale, Reyes, Holden: loro li avrebbe potuti ammazzare tutti i giorni senza un filo di rimorso, se solo ne avesse avuto la possibilità, allora. Ma anche quell'odio si era ormai dissipato: la guerra era alle spalle, e lei era pronta a invecchiare con un uomo onesto al suo fianco.

Così aveva pensato, almeno, finché ciò che aveva temuto dai primi trattati non si era realizzato: Polaris si era dichiarato indipendente, costituito in Confederazione aveva cacciato gli invasori reclamando le proprie terre. Mentre l'intero Rose Ranch aveva passato la notte a festeggiare (e Bastian con loro) lei aveva bevuto vino fino a stordirsi, cercando di non sentire l'ombra lunga di John Roscoe che calava su di lei, minacciando di sottrarle di nuovo tutto ciò che aveva ricostruito con tanta fatica. Tutto ciò che le era caro.

Bastian la raggiunse ciondolando ancora confuso dall'ubriacatura della notte prima: lei poté sentirlo distintamente dal passo incerto a piedi nudi, dall'irregolarità del respiro stanco e, infine, dell'onda di profumo alcolico che le si abbatté addosso quando lui le cinse il busto con le braccia e strofinò la fronte contro l'incavo della sua spalla, facendole il solletico con la barba tenera. A quel punto, il sole era arrivato a riscaldarle il sorriso.
- Non credo che nessuno andrà a lavorare, oggi.
- Resti qui con me?
- Pensavo di scendere in città, vista la giornata libera.
- A fare cosa?
- Voglio mandare dei soldi a mia madre.
- Glieli hai mandati tre settimane fa.
- Ma ho lavorato di più, questo mese.
- Resti qui con me?
Bastian glielo ripeté languidamente sulla pelle, baciandole il collo e prendendole tra i denti il lobo dell'orecchio, come una molesta bestiola selvatica. Jules rise, fece scivolare una gamba oltre il davanzale per fargli posto, si liberò dai suoi denti e gli strofinò il naso contro il suo.
- Giurami che non andrai in guerra.
- Non ci sarà nessuna guerra, Jules.
- Giurami che non ti arruolerai. 
- Resti qui con me?
Jules gli premette la fronte contro, spingendolo indietro e indietreggiando anche lei per reclamare il suo sguardo con una fermezza crucciata, irrequieta. Bastian rimase per un po' appeso al suo sguardo, con le labbra schiuse e l'alcol ancora ad appannargli la visuale.
- Te lo giuro.
Concesse poco dopo, con un sospiro rassegnato. Poi si spinse in avanti, insinuando il naso tra i capelli di sua moglie per reclamare la sua simpatia, il suo affetto. Per Bastian Jules aveva sempre avuto un debole, e a Bastian aveva sempre finito per concedere tutto. Alla fine, quel giorno, gli disse che sarebbe rimasta lì, con lui.


pearls before swine


- Non è famiglia tua.
Le camerate di Hall Point sono per tutti quelli che non possono permettersi una stanza intera e si accontentano invece di un posto letto. E' notte fonda (o almeno: lo è su qualche pianeta dei sistemi più vicini allo skyplex) quando sente i piedi di Pearlie Chapman tallonarle le scapole. Si preme un palmo sulla tempia e spera che quella sensazione svanisca presto. Si decide a risponderle solo quando capisce che non andrà via senza aver fatto sentire qualche altro calcio.
- Lo so.
- Non è nemmeno un tuo amico.
- So anche questo.
- Perché?
- Perché cosa.
- Perché non è un tuo amico? 
- You fockin' kiddin' me?
- L'aria da non-me-frega-un-cazzo la condividete bene. Fareste un sacco di bei ragazzini apatici.
Se potesse cavarsi dalla testa la risata stridula di Chapman lo farebbe, ma la verità è che sentirla vicino in qualche modo riesce a consolarla, a farle sentire calore. Perché quel calore lo sente: sente il suo corpo ai piedi del letto e il modo fastidioso in cui tira le coperte e rosicchia spazio sul materasso a una piazza puzzolente del sudore di tutte le persone che a un certo punto hanno deciso di scoparci sopra. Non la cerca con gli occhi, però: questo l'ha imparato presto.
- Cristo Bernàrd, fattela una risata ogni tanto. Non sei ancora morta.
- Stasera gli ho detto che vivere è un inconveniente.
- Di sicuro ti comporti come se lo fosse.
- Sono mesi... un anno ormai, che navigo, e non so dove cazzo sto andando.
- Sei sempre stata piuttosto drammatica nel gestire il lutto. Ti ricordi quando tirò le cuoia quel gatto a cui andavamo a portare da mangiare ogni giorno? Gesù, non hai parlato per un mese. Pensavo ti saresti buttata dal tetto della scuola.
- Avevamo otto anni.
- Yeah, well. Still.
- Non ho intenzione di perdere più nessuno.
- Non c'è rischio, finché continuerai a tenere tutti a un braccio di distanza.
- Esatto.
Sente Chapman sospirare e arrampicarsi lungo il letto. Rabbrividisce nel sentire le sue unghie sempre troppo lunghe bussarle sulla nuca. Le fa posto, si lascia respirare contro una guancia. Ha un respiro caldo e odora di tabacco Cheltenham: lo può sentire così bene da farle paura.
- Sai una cosa, Jules: dovresti ricominciare a comprare nootropam. 
- Il nootropam mi schiarisce la testa, Pearlie.
- E da quando è una cosa negativa?
- Da quando pensare chiaramente è una cazzo di tortura. 
- Sapresti metterci una data?
- Sì. 
- Ti manco, Bernàrd?
- Qualche volta.
- Potresti farti viva, tanto per cambiare.
- Ho altro da fare.
- E cosa, sei sola come una fottuta stronza.
- Meglio così.
- Bernàrd.
- Cosa.
- Non chiamarmi mai più Pearlie o ti ammazzo, giuro su Dio.
Le lascia un bacio umido dietro l'orecchio che la fa addormentare. Quando si risveglia, ore più tardi, Chapman se ne è già andata via da un pezzo.

good and grounded


Dicembre 2512, Tulsa, Bullfinch.

- Vorrei che ma' potesse essere qui.
Sybil glielo sospirò sulla nuca mentre le acconciava i capelli bruni - un tratto genetico che tutti i Bernard avevano in comune, anche quelli acquisiti. Neanche venticinquenne, era l'unica il cui stipendio (scarso, ma quantomeno in dollari alleati) aveva permesso di pagarsi un viaggio fino all'altro capo del 'Verse per il matrimonio di sua sorella. 
- E Rick, anche.
- Ai matrimoni non ci crede.
- Non ci credevi neanche tu, l'ultima volta che ne abbiamo parlato.
- Non sarebbe comunque riuscito a venire.
- Con un po' più di preavviso, forse...
Jules lasciò che il rimprovero cadesse nel vuoto, e quando la testa seguì il movimento evasivo degli occhi, di lato, una delle forcine che Sybil le stava infilando nei capelli la punse. Il suo vestito era appeso alla luce, di fronte alla finestra. Candido, pieno di ricami e di merletti, era fatto di tessuti troppo leggeri per un matrimonio invernale.
- Sei incinta?
Jules trasalì, la stessa forcina la ferì di nuovo. Sybil le premette i polpastrelli sulle tempie con più energia, costringendola all'immobilità mentre provava a rinsaldare l'elaborata treccia arrotolata sulla nuca che Clem aveva loro insegnato per le occasioni speciali, sempre con scarsi risultati.
- Fock no?
- Di solito i matrimoni si fanno in primavera. E avete organizzato tutto in... un mese, un mese e mezzo?
- Non sono incinta.
- Alrite, alrite...
Rimasero in silenzio per un po'. Nonostante fosse inverno il sole era così caldo che avevano deciso di lasciare la finestra aperta e godersi l'aria tiepida del primo pomeriggio. Jules sospirò.
- E' stato... come vivere sospesa, da quando... da Jimmey. Lo sai. Non ho più l'età. Voglio sentirmi stabile. Bastian mi fa sentire stabile. 
Sybil soffio tra le labbra morbide un sorriso divertito. Tra tutti i Bernard, era quella che più somigliava fisicamente a Frank, piuttosto che a Clem: aveva una bocca larga e morbida, gli zigomi bassi. Le linee degli occhi disegnavano curve larghe e morbide.
- Cosa?
- Niente. Non ricordo tu abbia mai voluto 'stabilità', da quando ti conosco.
- Le cose cambiano.
Nel momento esatto in cui lo disse, se lo chiese anche: cambiano? Si rigirò all'anulare sinistro l'anello di fidanzamento che portava da poche settimane. I granuli di diamanti appena visibili formavano il disegno impreciso di un fiore: era tutto ciò che era riuscito a comprare con i soldi che guadagnava, e si erano comunque ripromessi di rivenderlo appena sposati, mettendo poi il ricavato nel fondo che avrebbero usato per costruire una casa. Avevano individuato anche il fazzoletto di terra su cui l'avrebbero edificata, appena a due miglia dai confini del Rose Ranch, dove lavoravano entrambi. Da un certo momento in poi (e lei stessa non avrebbe saputo dire quando) l'idea di lavorare dieci ore al giorno per poi tornare ogni sera nello stesso posto, davanti allo stesso camino e nelle stesse braccia, non le era sembrata più così terribile.
- Sei riuscita a sentire ma', di recente?
- Un paio di mesi fa. Dice che con i soldi che le mandiamo se la cava ai mercati degli spazioporti, ma che nel resto di Stathmore il denaro ormai non vale più niente. Dice che sta bene, tutto considerato.
- Le ho scritto almeno cinque lettere da quando sono qui, per convincerla a lasciare quel buco di merda.
- Hexham è casa.
- E' sempre stata un buco di merda e dopo i bombardamenti non è più un cazzo. L'angolo più fottuto di Bullfinch lo preferirei a Hexham nel migliore dei suoi giorni. Potrebbe vivere qui a Tulsa.
- Lo sai com'è, ha il cuore a Hera. Nelle fabbriche.
- Le fabbriche non ci sono più. 
- Ma lei c'è.
- Potresti anche tu.
- Cosa?
- Venire a stare qui. La madre di Bastian ti ospiterebbe, e con la testa che hai potresti trovare un lavoro in un attimo... anche al Rose Ranch. Brandon si occupa delle trattative commerciali, viaggia di continuo, anche fuori dal pianeta. Posso chiedergli se riesce a trovare un posto anche a te, che hai studiato.
La più piccola sorrise in maniera sfuggente e non rispose. Jules insistette.
- E potremmo convincere anche Rick. 
- Ti adoro, Julie, lo sai. Ma se anche riuscissi a radunare nello stesso posto tutti i Bernard rimasti sulla faccia di questo 'Verse, mancherebbe comunque sempre qualcuno.
Sybil le diede un bacio tiepido sulla tempia e le incastrò uno specchio davanti al naso, perché potesse osservarsi l'acconciatura completa. Lei alzò il capo, ma aveva già una traccia opaca nello sguardo (la minaccia di fantasmi che allora stavano ancora, lentamente maturando). 
- Ti piace?
- Sì. Sì, mi piace.

go go go

Hexham, Hera, 6 Ottobre 2502

- E' una buona idea.
Se Richard stesse provando a convincere sua sorella o se stesso non era chiaro.
- Andrà bene.
Avevano il passo oscillante di tutti gli operai esausti che tornavano a casa a quell'ora dopo aver bevuto almeno un paio di pinte: lento e impreciso perché se lavori dalle sei della mattina alle sei della sera sei sempre stanco, ma non hai voglia di tornare a casa tua per addormentarti e, il giorno dopo, riniziare daccapo. Richard di certo non ne aveva voglia, e sua sorella minore - che aveva diciott'anni e nel circuito delle fabbriche c'era entrata solo poco più tardi di lui - non sembrava neanche lei apprezzare in maniera particolare la catena di montaggio.

Lei annuì, ma senza guardarlo. Jules non era mai stata una persona da tante parole, e forse per questo quelle rare volte in cui parlava tutti si azzittivano per ascoltarla. Ma non quella sera. Andrà bene, lui l'aveva ripetuto per ore, per decine di sigarette fumate e distribuite l'una dopo l'altra attorno al tavolo che Sean riservava sempre per loro nella bisca del suo locale. Ognuno si era espresso - addirittura Fred già ubriaco a inizio serata, e poi quell'Alan, l'uomo del mistero, che veniva da chissà quale angolo del pianeta (Fiona diceva dalle Highlands) e si guadagnava da vivere chissà come, Alan che aveva la voce di un fiume in piena, la stessa potenza travolgente (e guardava sua sorella strano, per questo Richard lo odiava).
- Arriviamo mezz'ora prima e quando arrivano tutti sbarriamo i cancelli e ci incateniamo all'ingresso, e diciamo che i cancelli della fabbrica non aprono finché non ricevono la nostra delegazione, e nessuno lavora finché Reyes non fa l'accordo sui turni, e...
Parlava a bassa voce e aveva l'impressione che sua sorella non lo ascoltasse. Quando svoltarono per uno dei centinaia di vicoli senza nome di Youngstown, sentì la mano fresca di Jules prenderlo per il collo del cappotto e strattonarlo indietro. Lui dondolò all'indietro e le spinse contro uno sguardo annacquato e interrogativo. La osservò: sembrava quasi annusasse l'aria. Lui irrigidì ogni singolo muscolo nel silenzio, tentando di spazzarsi via l'alcol dal cervello.

Il passo successivo lo sentirono entrambi, e tagliò loro il fiato nella gola. 
- Vai vai vai.
Richard le afferrò le spalle e la spintonò nello spazio sottile che separava due case basse di argilla e mattoni, mentre lo sguardo inquieto rimbalzava tra i tre picchiatori che confluivano verso di lui da direzioni diverse. Vai vai vai, Jules strisciò tra i due muri all'indietro con il cuore che le esplodeva nel petto e lo scorcio di macchie scure che risucchiavano suo fratello in un vortice di botte e ossa spezzate.

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Oak Town, Greenfield, 8 Gennaio 2517

Vai vai vai, Jules corre nella neve lasciando al centro della Main Street un ammasso di botte e ossa spezzate. Si toglie il passamontagna solo quando ha ormai raggiunto il cavallo e resiste alla tentazione di spronarlo al galoppo. Ma gli mormora sulla criniera vai vai vai, col cuore che le esplode nel petto e i polsi che le tremano violentemente. Riprende a respirare solo un paio di miglia più avanti, quando si immette in una delle principali direttrici che portano ai ranch e ai campi. Lì incontra carri colmi di braccianti, cowboy, decine di capi di bestiame in transito. Vai, vai, vai mormora sulle pasticche che manda giù. Poco dopo il cuore è calmo e lei è pronta a iniziare una giornata di duro lavoro.

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Hexham, Hera, 7 Ottobre 2502

Non c'erano mai stati segreti a Youngstown, e che il maggiore dei Bernard era stato pestato a sangue fu una notizia che si diffuse piuttosto rapidamente davanti ai cancelli della fabbrica, poco prima dell'apertura. Fred (che all'alba era sempre già ancora ubriaco dalla sera prima) aveva scalciato sul posto mentre Alan provava a trascinarlo nella sua ottima oratoria - una volta tanto, con scarsi risultati -. Quando Jules arrivò, la folla le si aprì di fronte con un sospiro di stupore. Sembrava più alta, e anche se aveva il capo chino era difficile non notarle addosso il labbro spaccato. I ragazzi le si raccolsero attorno. Come sta? Eravate insieme? Chi cazzo è stato? E' stato Reyes, non è così? Lei aprì la bocca e tutti si zittirono.
- L'hanno operato perché sanguinava dentro per tutta la notte, l'hanno richiuso due ore fa... dicono che se domani si sveglia è andato tutto bene e si riprenderà, se domani si sveglia.
Si passò la mano sulla faccia.
- Ho visto Thorton e i suoi cazzo di capelli rossi-- erano i picchiatori di Reyes. Deve aver sentito che stavamo organizzando oggi. 
Cristo, lo dissero tutti a turno, mentre Alan passava in rassegna le facce pallide di ognuno, col verme della sconfitta che gli ribaltava lo stomaco. Quando Jules tornò a parlare, gli occhi gli si illuminarono.
- Andiamo avanti lo stesso.
Cosa?, chiese Fred.
- Lo facciamo lo stesso, per Rick. Per quando si sveglia. 
Per quanto non fossero le giuste motivazioni, erano anche le motivazioni che nessuno avrebbe mai rifiutato. La tenacia che bruciava sul fondo scuro dello sguardo della seconda Bernard, una diciottenne sottile con lunghi capelli bruni, era sufficiente a far vergognare tutti loro di qualsiasi defezione di azione o sentimenti: si sparsero presto nella folla, per avvisare che lo sciopero sarebbe iniziato lo stesso, che si sarebbero lo stesso incatenati ai cancelli.

Si incamminò anche Jules, ma Alan la prese per un braccio e se la avvicinò al busto, per poterle guardare il viso dall'alto verso il basso.
- Hanno preso anche te.
Le sfiorò il labbro spaccato con una nocca, delicatamente, nello sguardo chiaro incastrato un sorriso sofferente, desolato.
- E' stato mio padre. Dice che quando Richard si sveglia dà il resto pure a lui.
Alan rise piano. Jules accennò un sorriso sfuggente, che le fece male alla bocca. Scrollò le spalle e fece un passo di lato, piena di disagio buono, pronta a smarcarsi.
- Aspetta. 
Alan mise le mani in tasca e frugò. Estrasse poco dopo un pugno che schiuse di fronte a lei: sul palmo, una spilletta di metallo dipinto e lavorato per rappresentare una rosa nera su uno stelo sottile, con tre spine: il simbolo del primo circolo anarchico di Dane End, a sud. Lei la prese con la stessa cautela con cui si prende qualcosa che potrebbe esplodere da un momento all'altro.
- Solo per i veri rivoluzionari.
Lei gli puntò gli occhi contro, un attimo prima che lui le sfiorasse una guancia con il pollice e indietreggiasse, lasciandola libera.
- Andiamo a far tremare la terra sotto i piedi di questi stronzi, adesso. 

his ghosts sing to him


Tulsa, Bullfinch, 28 Dicembre 2516

Quando varcò la soglia della vecchia casa di legno e mattoni in cui i Quinn vivevano da quasi quarant'anni, Benedict era già tornato da scuola e si era messo a fare i suoi esercizi di grammatica, in attesa che il pranzo fosse pronto. Era un ragazzino sottile, con i vestiti sempre troppo abbondanti e due occhiali spessi senza i quali non riusciva a vedere niente. Aveva quasi nove anni, ma non li dimostrava. Non alzò neanche la testa per salutarla.

Lei lo superò in silenzio e andò a sporgersi sul pentolone in cui Olivia stava gettando verdure tagliate a cubi grandi e qualche avanzo di carne di quelli più economici che si poteva sperare di trovare al mercato. Le sorrise e, senza fermarsi, le indicò lo sgabello accanto al suo. Jules, che non era ancora sicura di essersi svegliata dalla notte precedente e voleva soltanto infilare le mani in mezzo al fuoco, obbedì docilmente: si sedette accanto a lei e iniziò a fare a cubi grandi chili di verdura. Rimasero in silenzio a lungo, poi Olivia fece un cenno col capo verso Benedict.
- Il maestro dice che si impegna tanto, che potrebbe continuare a studiare, poi. Ci è andata a parlare Beth.
- E' un ragazzino in gamba.
- Ci doveva andare Brandon, non Beth. 
- Aveva da fare?
- Quello che fa sempre. Parlare coi morti.
Parlavano a voce bassa. Jules teneva gli occhi sulle proprie mani. Ogni tanto il coltello le sfuggiva e le scorticava superficialmente la pelle, ma non le faceva mai davvero male. Fare lavori con le mani l'aveva sempre tranquillizzata: poteva contarsi le dita tutte le volte che voleva. 
- Sta scrivendo, dice... non parla con i morti, Olivia: non è pazzo.
- E che fa allora? Se ne va in giro per cimiteri come un'anima in pena, ogni momento che ha. Va avanti da un anno, e prima dicevo: gli passerà. Non gli è passata. Quello che è successo è stato duro da reggere per tutti... ma ci siamo ripresi. Beth si è ripresa. 
- Beth non pronuncia più il suo nome.
Non dovette alzare lo sguardo per indovinare l'arco stupito delle sopracciglia di Olivia e le rughe profonde che le stava disegnando sulla fronte. Rimasero in un silenzio sospeso per qualche istante, prima che Jules si arrendesse a spiegarsi.
- Mi dice tuo marito. Non le sento dire Bastian da quando è morto.
- Ognuno guarisce a modo suo, bambina.
- Brandon sta guarendo così.
- Brandon ci sta mettendo troppo tempo, e ha altre responsabilità.
Olivia alzò appena la voce, spazientita, e Jules voltò il capo per guardare le spalle esili di Benedict ingobbirsi e chiuderlo in un uovo di ostinata inconsapevolezza: il bambino aveva sentito quei discorsi mille volte prima di allora, e ogni volta aveva finto di non capire che parlassero di lui e di suo padre: un uomo assente che, dopo la morte di suo zio e di sua madre, vedeva per pochi istanti al giorno, a volte neanche tutti i giorni.
- Potresti parlarci tu... 
Ritentò Olivia, più dolcemente.
- Non cambia.
- Ma provaci. Puoi?
Jules sollevò su di lei uno sguardo appannato ed esausto. Annuì molto piano, arrendevole, e tornò a tagliare patate. Olivia fece lo stesso ma con più calma. Si prese il tempo per guardarla, almeno un po'.
- Porti ancora la fede. 
Annotò Olivia, con un sorriso tiepido e un filo di apprensione malinconica nello sguardo. La banda di metallo lavorato stringeva l'anulare sinistro di Jules, nascondendo al suo interno un'incisione sottile.
- Solo quando sono qui.
Rispose quietamente. Olivia sospirò e annuì con rassegnazione, tornando poi a tagliare gli ortaggi a cubi grandi. 

pegasus in my arms



Tulsa, Bullfinch, 28 Dicembre 2516

Due ore dopo cena, Brandon sa sempre dove trovarla: è stato lui ad insegnarle dove trovare la legna asciutta per fare il fuoco nelle vicinanze della vecchia torre di mattoni dove, prima della guerra, andavano a cantare insieme. Quando gli eventi permettevano a tutti loro di trovarsi a Tulsa nello stesso momento, aspettavano che Olivia si addormentasse e poi scivolavano via dalle finestre come gli adolescenti, svegliavano i cavalli e galoppavano fin lì. Fino alla vecchia torre in mattoni diroccata. Brandon lasciava Aurore a casa, Bethel portava ogni tanto Matt e Bastian strofinava le nocche contro la fronte di Jules, insegnandole parole magiche per scongiurare le maledizioni. Vivete di superstizioni su questo pianeta del cazzo, diceva lei, ma lo diceva ridendo, con il cuore mille parsec distante dalle fabbriche di Hexham e dal circolo anarco-rivoluzionario di Youngstown. Il cuore è ancora lontano da Hera, ma è lontano anche da Bullfinch e da Tulsa, dal Rose Ranch e dal Morgan River. E' lontano da Brandon, anche se lo può sentire arrivare alla vecchia torre, infilarsi oltre la porta scardinata, scivolare di fronte a lei, di fronte al fuoco, senza guardare troppo al lungo gli arnesi di tortura che giacciono tra la polvere e i ciuffi d'erba più aggressivi che sono riusciti a farsi spazio tra le spaccature della pavimentazione; senza guardare le costellazioni che si è aperta nelle braccia.
- Cristosanto, Jules...
 E' la prima volta che la chiama per nome da quando è tornata, e non è un caso che lo mormori quando lei non può sentirlo. Le osserva lo sguardo appannato perso nel fuoco, le pupille dilatate fino a rendergli difficile ricordare di che colore abbia gli occhi, il corpo sciolto e arreso, calmo. Lei respira lentamente e Brandon si tortura le mani nell'impazienza di vederla tornare lucida, pur sapendo di riuscire a starle accanto - a guardarla - solo in queste condizioni: quando lei non è davvero lì. 

Brandon Quinn è un uomo paziente, e se ha posti migliori in cui trovarsi, in quel momento, non sembra rendersene conto. Quindi rimane nella torre diroccata ad alimentare il fuoco perché nessuno dei due rischi l'ipotermia, e le permette di passare dall'oblio al sonno senza disturbarla.

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- Hai visto il lupo? 
Brandon riesce a riaversi seguendo il debole filo rosso della voce di lei. Solleva la testa dalle gambe su cui l'aveva poggiata, si passa entrambe le mani sulla faccia e ve le strofina sopra con vigore assonnato.
- Il lupo?
- Un lupo. E' entrato.
Lui si guarda attorno, sperando di venir sorpreso dalle fauci spalancate di un mastino impaurito rimasto incastrato nella torre. Ma non si sorprende quando non trova niente.
- Non c'è nessun lupo.
- Ora no. Prima.
- Avremmo sentito i cavalli.
- Non l'hanno sentito.
Deglutisce. Oltre la brace viva lasciata da un fuoco ormai spento, c'è la vedova di suo fratello che solleva il busto e si lecca labbra incrostate di fuliggine. Scuote il capo e si tiene nel petto un nodo di angoscia profonda, desolata.
-  Vieni, ti riporto a casa.
Lei è troppo stordita per protestare, e ha troppo freddo per pensare che togliersi da lì sia meno che una buona idea. Si tira su a fatica, ma prima di andare via si assicura di aver sepolto la brace sotto la cenere.