ghosts of utopia


Jules, 

ieri sera dopo essermi spaccato la schiena in miniera invece di andare a dormire o venire a scriverti (so che sono in ritardo con la mia lettera mensile, perdonami) sono andato a un incontro sindacale. Mi sono ricordato di quando ci promettemmo che non avremmo messo più le mani e i cuori in politica, ma suppongo che a volte alcuni richiami siano per me (per noi, per i Bernard) irrefrenabili. La struttura sindacale che hanno in questo angolo di 'Verse dimenticato anche dai suoi governanti è così elementare da sembrare primordiale, ma mi ha dato modo di riflettere su come fosse elementare e primordiale anche il nostro bisogno di rivoluzione, che trovava articolazione e spirito dietro i nostri occhi ma nasceva dalle nostre pance prima di tutto. Mentre li ascoltavo mi è mancata Hexham, mi è mancata quella necessità di rovesciare il potere che avevamo incastrata dentro, non perché il potere fosse un concetto idealmente errato (nonostante ci piacesse rivendicarlo) ma perché quel potere non ci sfamava, non ci permetteva di sentirci sicuri e non colmava la nostra sete di giustizia, che è un bisogno e un diritto - ho scoperto - quanto lo sono l'acqua e l'aria. 

Pensare che sono anni che non credo più in niente mi ha rattristato. I ragazzini delle miniere sono tenaci e disorganizzati, meno aggressivi di quanto eravamo noi, ma con la stessa identica fame negli occhi. Il più vecchio avrà vent'anni: ti ricordi com'eravamo noi, a vent'anni? Un garbuglio di rivendicazioni e ribellione e la ferma convinzione che il futuro ci fosse dovuto, che dovessimo riscattarlo dalle mani di chi ci ricattava con paghe da fame e picchiatori nascosti dietro gli angoli. Anche col senno del poi non riesco a condannare la nostra ferocia di allora, né a vederla sotto un occhio più maturo. Potessi tornare indietro a quei giorni farei tutto nello stesso modo (tranne alcune cose che tu sai già) e non me ne vergognerei per un secondo. Mi vergogno invece adesso, esausto e disilluso, in fondo a una platea di giovani pieni di fuliggine che esibiscono la loro parlata da poveracci salendo sulle sedie e neanche si rendono conto di star parlando di rivoluzione. Di Rivoluzione. Ti ricordi quando ci permettevamo di scriverla solo con la lettera maiuscola? Rivoluzione e Anarchia, per noi non erano categorie ma progetti, meglio: un destino.

E' un destino che forse dovremmo riprendere in mano, dimenticandoci di essere vecchi. Sei così lontana e sempre troppo vaga sul tuo, di destino. So che fino a qualche mese fa facevi base a Safeport: questo mi preoccupa, non per la tua sicurezza (non ho mai temuto per la tua sicurezza: ho sempre pensato fossi tu la più prudente tra noi due, nonostante tutto) ma per i compromessi a cui persone come noi, a cui è successo ciò che è successo a noi, possono accettare sapendo che non dovrebbero. Se anche l'Anarchismo non è più il nostro destino forse dovremmo comunque ascoltare Sybil e rassegnarci alle cose luminose che ci ha lasciato dentro: il rispetto per i nostri compagni, per chi ha fame come noi.

So che non approverai, ma penso che andrò almeno a un'altra riunione sindacale. A volte il richiamo del sangue è più forte anche delle promesse che fai a tua sorella, quando siete entrambi sconfitti sul ciglio di una tomba fresca.

Spero tu stia bene e che mi scriva presto. Questo mese riuscirò a mandare almeno cinquanta dollari a Clem, e so che Sybil riuscirà a mandargliene quasi un centinaio. Con qualche altro spicciolo da parte tua, dovrebbe riuscire a tirare avanti un altro mese, fino alla prossima paga.

Con affetto,
Rick

touch


Quando Christopher le prende la mano, lei trasale. Spinge in basso l'istinto di colpirlo e si divincola poco dopo. Ogni tocco delicato la prende di sorpresa e le fa più effetto di un pugno. I pugni sa gestirli meglio della gentilezza, e ogni volta che ne riceve - di gentilezza - inizia a vibrare di diffidenza, a chiedersi dove sia il trucco. E' cresciuta manifestando l'affetto a colpi ruvidi e schiaffi sulla nuca, e all'affetto ormai si è disabituata da una vita. Nei pugni trova appigli, ancore alla realtà: i pugni sono sempre onesti. Le carezze scivolano e sono troppo leggere per essere sicuri che siano avvenute davvero.

Eppure, quando Jim le accarezza la tempia con le dita, lei tiene gli occhi chiusi e finge di dormire. Anche quando è uscito, lei rimane le ore a chiedersi se il tocco fosse vero o solo immaginato. Forse è il vero motivo per cui gli ha chiesto di fare a pugni con lei, su un ring, di fronte un pubblico: per ritrovarsi tra le mani la prova inconfutabile di un contatto.

Vorrebbe dormire, ma chi si ferma è perduto, e non appena riesce a camminare si infila le scarpe e firma tutte le carte per le dimissioni anticipate. Si getta in strada con il passo che oscilla, battendo di nuovo l'asfalto alla ricerca di realtà.



here lies where I drown
the first time that I sought for grace
but not the last lung I'd put to waste
I'm burning down the stakes.

rebel rebel

Capital City, Horyzon, Febbraio 2517

Chapman la raggiunge e si china sulle caviglie per guardarla negli occhi.
- Non ha un bell'aspetto, Bernard. 
- Va tutto bene.
Si preme la mano sulla ferita aperta e finge di non vedere come non riesca ad arginare il sangue che ne sgorga. Anche quando le ruppero tutte le ossa a Safeport lasciandola poi in un canale della baraccata a morire avevano quantomeno avuto la decenza di non accoltellarla. 
- Almeno l'hai conciata per le feste, la stronza.
- Starò bene.
Chapman non è convinta. Sospira sconsolata e le si siede affianco, accendendosi una sigaretta. 
- Fossi in te deciderei in fretta.
Il c-pad le trema in mano (non è vero: la mano le trema attorno al c-pad). L'ultima dose l'ha venduta, e a parte qualche centinaio di dollari nelle tasche e una collezione di buchi sulle braccia non ha niente di potenzialmente incriminante addosso.
- Anche perché la stronza ha l'aria di una che sta peggio di te.
Thomas più di un decennio prima le ha insegnato che in una corte è più difficile perorare la tesi della legittima difesa se quello da cui dici di esserti difeso tira le cuoia prima di te. E poi non conosce medici su Horyzon. Gliel'ha detto cento volte, a Christopher, che hanno bisogno di un maledetto medico. Tre cifre, invio di chiamata d'emergenza. Città, quartiere, strada. Qualcuno si affaccia dal locale, ma si sbriga anche a rientrarci.

discoloration


- Mi avresti potuto amare un po' di più.
Bastian è nell'angolo della sua cabina in cui non arriva la luce. Tiene la schiena contro la paratia metallica e non vuole finire la sua sigaretta artigianale, per cui ne fa solo un tiro ogni tanto, quanto basta per evitare che si spenga. Bastian non la guarda: era troppo giovane e troppo ingenuo per indovinare la sua necessità di vuoto, e quando lei ci è sprofondata lui ormai era sotto terra da un pezzo. Brandon, lui l'aveva capito. Aveva capito che Tulsa e il Rose Ranch, per Jules Bernard, erano il sonno della ragione, l'anticamera dell'inferno, della switch. Brandon non aveva mai saputo da cosa fosse scappata, ma Bastian non aveva neanche capito che stesse scappando. 
- Mi avresti potuto amare un po' più sinceramente.
Costellazioni nel cielo di Bullfinch, Hera così lontana da non far parte neanche del firmamento. Dov'è il tuo pianeta, le aveva chiesto una notte, era tiepido ed erano seduti sugli scalini della veranda della loro casa in mezzo al niente. Non lo so. Se avesse voluto cercarla non si sarebbe trovata al nord del Morgan River, ma a sud degli stabilimenti della zona tri-industriale di Hexham, là dove c'era stata Youngstown.
- Avresti potuto rinunciare a me con meno fretta.
Ogni cosa nelle mani di Jules è stata liquida, anche la sabbia. Anche Bastian è i suoi muscoli tesi, i suoi boccoli castani e la sua barba tenera. Le ossa di Bastian le erano scivolate tra le dita, liquefatte, la polvere liquefatta poi nelle vene, mista al sangue. Là dove è codificato chi sei puoi infilarci chi vorresti essere stato, basta un ago sottile. Non c'è motivo di vergognarsi dei propri fallimenti. Vanno accettati; la sconfitta: abbracciata. Accogliere il peggio di sé, senza desiderio di trasformarlo. Non c'è vergogna nell'essere la versione peggiore di se stessi, solo umiltà. Decenni passati a gridare lo slogan resistiamo, adesso tutto ciò che ha senso è arrendersi.
- Vuoi leggere di nuovo i numeri che ti sei scritta sulle braccia?
- No. Non serve.


it's been a while
since I've been gone and away
and I watched your eyes reflect me in a terrible way
as you cast your gaze to the flickering hall.

to be governed


Hexham, Hera, 6 Maggio 2501
- La prossima volta butteranno la chiave, Jules.
Thomas la guardò alzarsi da dietro le sbarre della cella dello sceriffato, in cui era stata trattenuta per cinque giorni, mentre tutti i suoi compagni erano stati lasciati andare. Lo sceriffo capo, il vecchio Beckett (che era anche suo padre) sperava di spaventarla abbastanza da dissuaderla a ficcarsi di nuovo nei guai con gli anarchici di Youngstown. 

Il vecchio Beckett, però, era appunto un vecchio, e per quanto avesse in simpatia i Bernard, non li aveva mai veramente capiti. Thomas, invece, con i Bernard era andato a scuola. Li aveva visti protestare da ragazzini contro i maestri ("e i loro sistemi retrogradi e totalitari") e li aveva guardati prendere bacchettate sui palmi e i dorsi delle mani fino allo strenuo, senza mai cedere di un passo. Li aveva visti consegnare volantini per lo sciopero di fronte alle fabbriche, sotto il naso dei padroni, e si era sentito prendere spietatamente in giro quando aveva seguito le orme di suo padre, entrando allo sceriffato di quartiere. Non era neanche la prima volta che andava a tenerle compagnia mentre si trovava in cella.
- Lo dice tuo padre?
- Già.
- Rispondigli che i cani dei padroni non ci spaventano.
- Mio padre non è un cane.
- Lo sei anche tu.
Avevano avuto quella conversazione altre volte. Il quieto affetto che aveva sempre navigato tra di loro si era rappreso e nascosto sotto la retorica anarchica. Le aveva cambiato la voce (Thomas avrebbe potuto giurarlo), rendendola più roca e più aggressiva. Prima era più dolce. Si diceva: il suo problema è che ha scelto la causa sbagliata, perché la giustizia ce l'ha sempre avuta nel sangue. Come quella volta che lei e Richard avevano dato una lezione ai ragazzini che gli avevano preso le biglie, o come quando avevano rubato le torte dell'evento di beneficenza che la moglie di Rayes e le sue amiche avevano organizzato per Boros, ridistribuendole boccone per boccone a tutti i figli dei poveracci di Youngstown, di cui facevano parte anche loro, di cui facevano parte tutti tranne pochi, di cui aveva fatto parte anche lui. E' per questo che lui riusciva a capirla, Jules Bernard: erano cresciuti con la stessa fame. 

Ma lei aveva qualcosa di diverso, un'irrequietezza che le vibrava sotto le suole delle scarpe bucate. Qualcosa da dimostrare, dicevano a Hexham: i poveracci con qualcosa da dimostrare sono i più pericolosi di tutti. E per quanto i Bernard fossero scaltri, chi aveva gli occhi aperti sapeva che prima o poi una delle loro bravate anarchiche sarebbe andata male, li avrebbero presi e li avrebbero sbattuti in galera (la galera vera, non le celle dello sceriffato), e tanti saluti. La vide sollevarsi dalla branda e misurare un piede alla volta il quadrato di mattoni e mura rinforzate in cui era incastrata, per l'ennesima volta.
- E' quel Carver, no? Alan Carver? Non ti dovresti fidare di quello, è uno che porta guai, ne puoi sentire la puzza da lontano.
- Alan puzzerà di guai, ma almeno non puzza di servo.
- Mio padre dice che i servi campano a lungo.
Vide Jules spingersi sulle sbarre, avvolgerle con i pugni e poggiare la fronte sul ferro, facendo forza sulle braccia contratte per sollevarsi di pochi centimetri da terra: aveva un corpo teso, fatto di muscoli e lavoro, con le prime cicatrici e un tatuaggio fresco dietro la spalla. Lei lo guardò così da vicino che gli fece girare la testa.
- Meglio vivere poco ma con la testa alta. 
Thomas deglutì, ma la verità è che l'aggressività di Jules non gli era nuova, e lui, a diociott'anni - un uomo fatto e finito, diceva sua madre - non poteva certo lasciarsi intimorire da una ragazzina. 
- Che ne sai di Carver, comunque? Potrebbe essere figlio di chiunque. Non è di Youngstown, qui nessuno l'ha visto prima.
- Il 'Verse non inizia e finisce con Youngstown, Tom. 
Jules si spinse indietro, lasciandogli addosso il vago sentore di un'occasione mancata (qualcosa che avrebbe potuto dire meglio, una battuta che si sarebbe potuto risparmiare in favore di un'osservazione un po' più salace, ma troppo in ritardo?). La guardò ritirarsi, tornare a stendersi sulla sua branda, senza guardarlo.
- A tuo padre puoi dirgli che mi ci può tenere per un mese, qua dentro. Non mi faccio spaventare dal cane di Reyes. 

- - - - -

Halifax Prison, Hera, 2 Dicembre 2506
- Che cazzo, Jules...
- Che ci fai qui?
Jules lo guardò attraverso l'occhio pesto, parlò con un labbro spaccato, strinse le spalle su una costola incrinata. Il carcere non le aveva spento la rabbia nello sguardo, ma di sicuro le aveva asciugato la carne sulle ossa. Aveva un aspetto nodoso, l'aspetto di un cane randagio che lotta per la salvezza pochi minuti prima di essere abbattuto. Aveva avuto ragione suo padre, il vecchio Beckett, a dire che in carcere non sarebbe arrivata neanche a superare il quinto mese.
- Tua madre mi ha chiesto di venire a vedere come stavi.
- Dille che sto bene.
- Che ti è successo?
- Una discussione con questi criminali di merda.
- Sei in una prig--
- Mia madre sta bene? Sybil, Jermaine?
- Stanno bene.
- Lavorano?
- Lavorano.
- Richard?
Thomas rimase in silenzio. Richard lo aveva visto la settimana prima, nel centro detentivo di Tottenham, a sud. Non aveva una bella cera, e Jules lo capì. 
- Che ci fai qui, Tom?
- Ho parlato con il procuratore, dice che con una buona parola dello sceriffo locale può commutare la pena in un servizio civile. 
- Non lo danno il servizio civile per quello che ho fatto io.
- Lo danno se il servizio civile ti fa rischiare la vita. Sta partendo un battaglione, da Youngstown.
Jules soffiò tra i denti, il disgusto depositatosi sulla pelle.
- Con il cazzo che vado ad ammazzare gente che non conosco per conto dei padroni di questo pianeta di merda. Se la combattano loro la loro guerra fottuta. Non hai letto un cazzo del disegno politico dell'interplanetarismo?
- Preferisci rimanere qui per i prossimi sei anni?
La domanda le bruciò sulla pelle, e invece di rispondere subito si morse la lingua. Rimasero in silenzio, a guardarsi, per un momento lunghissimo.
- Richard.
- Richard cosa.
Jules sospirò, si passò le mani sulla faccia, spazzandosi via dagli occhi il seme della disperazione. Aveva i polsi incatenati.
- Puoi far ottenere lo stesso accordo a Richard?

yet onward we marched

15 Luglio 2515, Rose Ranch, Bullfinch.

Era una casa piccola e se avessero deciso di avere dei figli presto non ci sarebbero entrati. Erano solo le cinque e mezza di mattina e faceva già caldo. Jules era seduta sul davanzale dell'alta finestra della sala da pranzo, spalancata su una veranda stretta che riusciva a stento ad ospitare un dondolo. Lei e Bastian avevano considerato la possibilità di espanderla, ma avevano infine valutato che sarebbe stata solo una sistemazione temporanea, che più in là avrebbero messo qualche soldo da parte e avrebbero comprato uno di quei lotti di terra che Eric Rose metteva in vendita ogni tanto, e là avrebbero costruito la loro vera casa, magari più vicina a Tulsa e alla famiglia Quinn di quanto non fossero in quel momento. Jules gli aveva detto di sì, come faceva sempre quando lo vedeva entusiasmato dai progetti futuri, ma quella minuscola casa di tre stanze non le dispiaceva: aveva soffitti alti nonostante tutto, e affacciava su immensi campi dorati, paesaggi ondulati su cui sorgeva ogni mattina un sole cocente. Lei aspettava ogni volta che arrivasse a baciarle il viso. Era ormai abituata a sentirne il tepore sulla pelle e si accontentava di quell'angolo di pace immensa, chiedendosi se Frank non parlasse di quella sensazione là quando diceva che il tramonto sulla Trinidad, a Shadetrack, era capace di spalancare a Dio l'anima di anche il più efferato dei miscredenti. Ma tutta la genìa che a Frank Bernard era seguita aveva le sue radici nei terreni brulli di Hexham, nelle sue altre fabbriche, e aveva coltivato l'ateismo con (paradossalmente) la più spontanea e feroce delle fedi ideologiche. I giovani Bernard non credono a niente, dicevano i loro compagni di sventura in fabbrica, solo alla rivoluzione

Jules sorseggiò il caffè mentre il sole le si arrampicava sulla gamba, illuminando la tela leggera ed economica prodotta molto più a sud del Morgan River. Avevano davvero creduto solo alla rivoluzione, tutti loro, e dietro alla rivoluzione si erano immolati uno a uno, sacrificandole tutta la loro giovinezza, gli anni migliori della loro vita. Chiuse gli occhi e tentò di ricordare cosa si provasse a credere a qualcosa con quell'aggressività brutale, con quel desiderio famelico e spietato di giustizia, uguaglianza, libertà. Aveva mai odiato un nemico con la stessa genuina rabbia con cui aveva odiato i padroni delle fabbriche del complesso di Youngstown? Per cinque anni aveva combattuto contro gli alleati senza riuscire mai a desiderare la morte dei soldati che le sparavano contro, ma Shore, Grasdale, Reyes, Holden: loro li avrebbe potuti ammazzare tutti i giorni senza un filo di rimorso, se solo ne avesse avuto la possibilità, allora. Ma anche quell'odio si era ormai dissipato: la guerra era alle spalle, e lei era pronta a invecchiare con un uomo onesto al suo fianco.

Così aveva pensato, almeno, finché ciò che aveva temuto dai primi trattati non si era realizzato: Polaris si era dichiarato indipendente, costituito in Confederazione aveva cacciato gli invasori reclamando le proprie terre. Mentre l'intero Rose Ranch aveva passato la notte a festeggiare (e Bastian con loro) lei aveva bevuto vino fino a stordirsi, cercando di non sentire l'ombra lunga di John Roscoe che calava su di lei, minacciando di sottrarle di nuovo tutto ciò che aveva ricostruito con tanta fatica. Tutto ciò che le era caro.

Bastian la raggiunse ciondolando ancora confuso dall'ubriacatura della notte prima: lei poté sentirlo distintamente dal passo incerto a piedi nudi, dall'irregolarità del respiro stanco e, infine, dell'onda di profumo alcolico che le si abbatté addosso quando lui le cinse il busto con le braccia e strofinò la fronte contro l'incavo della sua spalla, facendole il solletico con la barba tenera. A quel punto, il sole era arrivato a riscaldarle il sorriso.
- Non credo che nessuno andrà a lavorare, oggi.
- Resti qui con me?
- Pensavo di scendere in città, vista la giornata libera.
- A fare cosa?
- Voglio mandare dei soldi a mia madre.
- Glieli hai mandati tre settimane fa.
- Ma ho lavorato di più, questo mese.
- Resti qui con me?
Bastian glielo ripeté languidamente sulla pelle, baciandole il collo e prendendole tra i denti il lobo dell'orecchio, come una molesta bestiola selvatica. Jules rise, fece scivolare una gamba oltre il davanzale per fargli posto, si liberò dai suoi denti e gli strofinò il naso contro il suo.
- Giurami che non andrai in guerra.
- Non ci sarà nessuna guerra, Jules.
- Giurami che non ti arruolerai. 
- Resti qui con me?
Jules gli premette la fronte contro, spingendolo indietro e indietreggiando anche lei per reclamare il suo sguardo con una fermezza crucciata, irrequieta. Bastian rimase per un po' appeso al suo sguardo, con le labbra schiuse e l'alcol ancora ad appannargli la visuale.
- Te lo giuro.
Concesse poco dopo, con un sospiro rassegnato. Poi si spinse in avanti, insinuando il naso tra i capelli di sua moglie per reclamare la sua simpatia, il suo affetto. Per Bastian Jules aveva sempre avuto un debole, e a Bastian aveva sempre finito per concedere tutto. Alla fine, quel giorno, gli disse che sarebbe rimasta lì, con lui.


pearls before swine


- Non è famiglia tua.
Le camerate di Hall Point sono per tutti quelli che non possono permettersi una stanza intera e si accontentano invece di un posto letto. E' notte fonda (o almeno: lo è su qualche pianeta dei sistemi più vicini allo skyplex) quando sente i piedi di Pearlie Chapman tallonarle le scapole. Si preme un palmo sulla tempia e spera che quella sensazione svanisca presto. Si decide a risponderle solo quando capisce che non andrà via senza aver fatto sentire qualche altro calcio.
- Lo so.
- Non è nemmeno un tuo amico.
- So anche questo.
- Perché?
- Perché cosa.
- Perché non è un tuo amico? 
- You fockin' kiddin' me?
- L'aria da non-me-frega-un-cazzo la condividete bene. Fareste un sacco di bei ragazzini apatici.
Se potesse cavarsi dalla testa la risata stridula di Chapman lo farebbe, ma la verità è che sentirla vicino in qualche modo riesce a consolarla, a farle sentire calore. Perché quel calore lo sente: sente il suo corpo ai piedi del letto e il modo fastidioso in cui tira le coperte e rosicchia spazio sul materasso a una piazza puzzolente del sudore di tutte le persone che a un certo punto hanno deciso di scoparci sopra. Non la cerca con gli occhi, però: questo l'ha imparato presto.
- Cristo Bernàrd, fattela una risata ogni tanto. Non sei ancora morta.
- Stasera gli ho detto che vivere è un inconveniente.
- Di sicuro ti comporti come se lo fosse.
- Sono mesi... un anno ormai, che navigo, e non so dove cazzo sto andando.
- Sei sempre stata piuttosto drammatica nel gestire il lutto. Ti ricordi quando tirò le cuoia quel gatto a cui andavamo a portare da mangiare ogni giorno? Gesù, non hai parlato per un mese. Pensavo ti saresti buttata dal tetto della scuola.
- Avevamo otto anni.
- Yeah, well. Still.
- Non ho intenzione di perdere più nessuno.
- Non c'è rischio, finché continuerai a tenere tutti a un braccio di distanza.
- Esatto.
Sente Chapman sospirare e arrampicarsi lungo il letto. Rabbrividisce nel sentire le sue unghie sempre troppo lunghe bussarle sulla nuca. Le fa posto, si lascia respirare contro una guancia. Ha un respiro caldo e odora di tabacco Cheltenham: lo può sentire così bene da farle paura.
- Sai una cosa, Jules: dovresti ricominciare a comprare nootropam. 
- Il nootropam mi schiarisce la testa, Pearlie.
- E da quando è una cosa negativa?
- Da quando pensare chiaramente è una cazzo di tortura. 
- Sapresti metterci una data?
- Sì. 
- Ti manco, Bernàrd?
- Qualche volta.
- Potresti farti viva, tanto per cambiare.
- Ho altro da fare.
- E cosa, sei sola come una fottuta stronza.
- Meglio così.
- Bernàrd.
- Cosa.
- Non chiamarmi mai più Pearlie o ti ammazzo, giuro su Dio.
Le lascia un bacio umido dietro l'orecchio che la fa addormentare. Quando si risveglia, ore più tardi, Chapman se ne è già andata via da un pezzo.